“Aòòòòò e basta!!!”
Emmettì, mo’ c’hai proprio stufato co’ sta muddica eh???
La infili dappertutto!!!
Prima qua, poi qua, e mo’ ????? Pure sugli spaghetti???
Ma dai, non se ne può più!!!”
Allora, con questo piatto chiudiamo la SDS (leggasi “Saga dello spaghetto”).
Ad aprirla è stata LEI, con una ricetta fenomenale!!
E sì dai, di poche parole, ma avete visto che roba???
Poi c’è stata LEI, che ci ha raccontato qualcosa in più ma, non è che s’è sprecata tanto pure lei eh???
Però anche i suoi spaghetti, cari miei, sono una bomba ed un tripudio di bontà!!!
Ed ora eccomi qua a raccontarvi di questi spaghetti, che nella loro semplicità sono davvero gustosissimi!
Ed anche questi provengono dalla bella terra di Sicilia.
Ingredienti poveri, ma ricchi di gusto: acciughe, olio, arancia e pane grattugiato di quello rigorosamente fatto a mano (anche perché, siamo sinceri, quello comperato nun se po’ magnà).
INGREDIENTI X 4
320 g di spaghetti
10 filetti di acciughe sotto sale (*)
6 cucchiai abbondanti di olio extravergine di oliva
1 spicchio d’aglio rosso tritato sottile sottile sottile
pane grattugiato home-made (un paio di manciate)
polvere di buccia di arancia essiccata (se non l’avete, fa niente)
(*) di quelle che al super vendono al banco in grossi barattoli di latta (e che quasi tutte vengono appunto dalla Sicilia, di solito Trapani, Palermo o Pantelleria)
Dalla lunghissima lista di ingredienti potete immaginare la difficoltà di esecuzione di questa ricetta…
Ora vi spiego come si fa e ve lo spiego per bene, ché a me la sintesi mi fa un baffo e soprattutto non partecipo a nessun “contest sulla sintesi…” :DDDDDDDDDDDDDD
ESECUZIONE
Per prima cosa “atturrate a muddica”.
Cosaaaaaa??????????
“Miiiiiiiiiiiii…”
UN PO’ DI SICILIANITA’
Questo piatto rappresenta l’anima semplice della cucina siciliana, per così dire la sua quotidianità, in contrapposizione alle sontuose preparazioni, come certi timballi di maccheroni che hanno dato spunto ad ammirate descrizioni letterarie, come nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. La pasta “ca’ muddica” è un piccolo capolavoro d’essenzialità: difficile immaginare qualcosa di più efficace di una manciata di mollica tostata per dare consistenza a un intingolo di olio e acciughe sotto sale. Tanto semplice da sembrare forse banale, se non fosse per lo straordinario sapore di ogni ingrediente: il pane casereccio, possibilmente cotto a legna; l’olio extravergine di oliva, le acciughe, specie quelle rinomatissime dell’isola di Pantelleria.
Per apprezzare il ruolo del pane nella cultura siciliana basta imboccare la valle del Dittaino, che dalla Piana di Catania sale verso Enna: si scopriranno i paesaggi che hanno meritato all’isola l’antico appellativo di granaio d’Italia, e forni dove il pane viene prodotto nel rispetto del rituale del lievito madre, rinnovato di giorno in giorno, e di lunghi tempi di lievitazione, con un risultato al confronto del quale le produzioni correnti possono solo impallidire. Detto questo, è facile comprendere la valenza di questo piatto di pasta al di là del suo modesto apparire.
Bisogna ricordare le “tre regole d’oro”:1, 10, 100. Vale a dire: 1 l d’acqua – 10 g di sale – 100 g di pasta
Queste proporzioni, oltre a consentire alla pasta di muoversi liberamente all’interno della pentola mentre cuoce, determinano un accumulo di calore tale da riportare l’acqua ad ebollizione il più rapidamente possibile dopo aver calato la pasta.
Per quanto riguarda il procedimento di cottura, invece, basta seguire queste semplici indicazioni:
– mettere l’acqua necessaria in una pentola alta e larga, collocarla sul fuoco e fatela giungere ad ebollizione.
– aggiungere il sale solo quando l’acqua comincia a bollire vistosamente.
– buttare la pasta dopo che il sale si è sciolto.
– mescolarla con un utensile di legno dopo circa un minuto almeno per i primi quattro minuti, poi continuare a mescolare ad intervalli regolari.
– cuocere la pasta sempre un minuto in meno rispetto al tempo consigliato sulla confezione, perché la pasta continuerà la cottura durante le operazioni di condimento, soprattutto se deve saltare ancora in padella.
Per finire, (e giuro che finisco…)
La pasta cotta “al dente” deve conservare una leggera resistenza alla masticazione, cioè contrastare percettibilmente la forchetta che la comprime o il dente che la taglia. Una cottura eccessivamente breve, riconoscibile dalla persistenza di una traccia bianca e dura all’interno della pasta, infatti, la lascerà cruda all’interno, mentre una cottura eccessiva la renderà floscia, molliccia e meno digeribile.
La difficoltà nel cuocere la pasta a puntino dipende anche dalla sua qualità: se la pasta è scadente, spesso necessita di tempi di cottura molto brevi, se la pasta è di alta qualità, invece, la variabilità e le possibilità di scelta per il grado di cottura aumentano.
Con questo post io invece partecipo al contest “La sintesi ci fa un baffo” :)))))
Buon fine settimana! 😉
M.T.
EDIT DEL 30 GIUGNO
Ecco la realizzazione di una carissima amica che mi ha mandato una splendida foto che condivido con voi!!!
Guardate che meraviglioso impiattamento!!
Grazie Minnie! :******
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