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Fecazze # Focaccia pugliese # Pizza barese # Focaccia barese

come dir si voglia (la prima però si pronuncia Fcazz), è sempre questa qui

però ad onor del vero, e con una certa fatica  anzi, con enorme fatica*, confesso che qui a Lecce la chiamiamo, semplicemente, Labarese. Perché è vero sì, questa peccaminosa focaccia ha i suoi natali in quel di Bari. Città bellissima, con  il Petruzzelli e la Fiera del Levante e il porto e la basilica di San Nicola e però dai, i baresi non si possono sentire, hanno un dialetto ed un accento impossibili! Sentite qua,
“C’na ma sci, sciamaninn, c’nana ma sci na g,n,scim scenn”
traduzione lettarale:se ce ne dobbiamo andare andiamocene, se non ce ne dobbiamo andare non andiamocene
traduzione subliminale: che cappero dobbiamo fare? ce ne andiamo o rimaniamo?

Voi rimanete per la ricetta, dai!

Sì,
parto subito con la ricetta, poi due riflessioni, e, se rimane tempo e
non mi sarò lungamente dilungata per lungo, possiamo
cazzeg…divagare… (chissà se al terzo post riuscirò a scrivere due
righe nella sezione “Divagamente”)

* (proverbiale l’antagonismo Bari-Lecce)

RICETTA

ingredienti:
– 500 g di semola rimacinata 
– 400 g di acqua
– 80 g di licoli rinfrescato (o di pasta madre o 5 g di lievito di birra)
– 1 patata lessa media (quanto sarà? 150/180 g? non troppo grossa sennò la pizza s’intufa)
– 4/5 cucchiai di olio per l’impasto

– 1 cucchiaio di sale (circa 15 g)
– 1 pizzico di zucchero
– 4/5 cucchiai di olio per la teglia
– olio a volontà per irrorare la focaccia prima di infornare.
             insomma, ci va un casino di olio!
– una decina di pomodorini ciliegini
– una decina
di olive verdi baresane in salamoia
(se non si trovano quelle baresi,
comunque olive verdi di media grandezza col nocciolo)
– origano a iosa
– sale grosso (facoltativo)


 procedimento:
Sciogliere il lievito (di birra o licoli) nella metà
dell’acqua tiepida, aggiungere la meta della farina, la patata
schiacciata con la forchetta bene bene o con lo schiacciapatate e
cominciare ad impastare in ciotola.
Aggiungere via via farina e acqua,
tranne un po’ e un po’. (intanto nel po’  d’acqua che teniamo da parte
idratiamo il sale).
– Aggiungere  l’olio e continuare ad impastare in
ciotola, quando l’olio è assorbito aggiustare con la farina e l’acqua
salata rimaste.
impastare energicamente, per circa mezzora (in totale)  e l’impasto è
pronto. Deve essere bello liscio, ma morbido, appiccicoso.
– Farla lievitare fino al raddoppio. (Le amiche baresi dicono che la ciotola dovrebbe riposare sotto al letto. A me sta cosa non convince, e non la faccio, però non ditelo alle mie amiche baresi).

Ora viene la parte più bella, quanto mi piace!!

– Irrorare bene
bene la teglia (possibilmente d’alluminio o di ferro e tonda, la
grandezza dipende da quanto si vuole alta la pizza, direi 40 cm per una pizza bassa, 30 per quella alta), con 4/5 cucchiai
d’olio, versarci dentro l’impasto e stendere con le dita precedentemente
pucciate nell’olio. L’olio sotto deve spitterrare (strabordare) e “sporcare”
l’impasto sopra (se già non fossero sufficienti le dita pucciate).

– coprire con una ciotola più grande e far lievitare di nuovo fino al raddoppio (ma almeno un’ora, comunque).

Nel
frattempo tagliare i pomodori a metà, aggiungere le olive senza
scolarle bene, condire con olio (ancora!!!! vabbè diciamo un goccio)
sale,  origano e un paio di cucchiai d’acqua e lasciar insaporire.

– Quando la focaccia ha raddoppiato (2/3/4/5 ore, a seconda del
lievito e della stagione), distribuire in superficie i pomodori e le
olive tenendo da parte il liquido (giacché, filtrarlo dai semini).
 – Aspettare ancora una mezzora (d’estate) e un’ora (d’inverno). Nelle mezze stagioni regolarsi 🙂
 – Accendere il forno alla massima temperatura, poggiare la
griglia del forno sul fondo del forno   e tornare alla nostra amata focaccia.
– Con i polpastrelli fare una suonata leggera leggera….. capito come?
bisogna spingere delicatissimanente i polpastrelli di entrambe le mani  nell’impasto, così si formano tante piccole fossette
(oltre a quelle dei pomodori e delle olive), irrorare con l’emulsione
dei pomodori/acqua/olio (che andrà a depositarsi nelle fossette!), dare un’altra giratina di olio (poco
stavolta)  e spolverare con abbondante origano.

Infornare sul fondo del forno per 10/15 minuti (a seconda
dello spessore della pizza) alla massima temperatura, poi spostare nella
parte centrale, se ventilato è meglio, sul fondo metterci un pentolino
d’acqua calda  e cuocere fino a cottura (15/20 minuti, sempre a seconda
dello spessore della pizza). Qualche minuto prima, se la ventilazione
del forno non è stata sufficiente ad “abbrustolire” pomodori e
olive, accendere il grill.

– Tirare fuori la focaccia e coprire subito con un telo umido.
Il vapore che si formerà all’interno ammorbidirà soprattutto la parte
superiore che si era biscottata. Lasciar intiepidire così.

Divorare tiepida o fredda; possibilmente ad occhi chiusi. Quindi meglio evitare di camminare mentre si mangia Labarese. Mugolare. Evitare di camminare mentre si mugola perché si potrebbe essere fraintesi.

L’altezza della focaccia è a discrezione personale, io la
faccio alta quando la voglio farcire (mortadella e provola è la morte
sua),  o bassa se la voglio mangiare
senza null’altro.

Fondamentale servirla avvolta in carta da pane, e ungersi irrimediabilemnte  le mani e il muso.

fine (gesùgiuseppemmaria, nun me pare vero!!!)

 (e difatti, non è finita)

 DI PERTINENZA

La
caratteristica principale della focaccia barese  è, a parte l’alveolatura compatta e spugnosa (per la presenza della semola, farina tenace ma che sviluppa poca maglia glutinica), la enorme
presenza di olio! capisci che ti è venuta bene proporzionalmente al grado di unto che ha rilasciato sul muso, sulle mani e sui vestiti.

La Fecazze,  nata nella tradizione barese come colazione dei contadini e dei pescatori che con la Barese tiravano sino a sera, ha ovviamente tante versioni, ogni famiglia ha la sua, l’unica, l’originale, la migliore di tutte.
La mia versione è la somma delle ricette delle mie tante amiche baresi (meravigliose creature) ed è  basica, impastata in ciotola, come facevano le massaie (mica sciàvevano il kenvud, loro!), e come faccio io quando sono a casina al mare e ho solo l’olio di gomito a disposizione.
Nulla vieta di impastarla sulla spianatoia o con la planetaria, ovviamente.

Ho usato solo semola locale, però, anche qui è a discrezione, si può mischiare con farina 00 in proporzioni variabili,  ma almeno la metà dev’essere presente.

E’ anche una versione “veloce”, che si prepara in giornata, senza dover organizzare con mesi d’anticipo la preparazione.  Per questa focaccia, francamente,  ritengo inutile l’impegno di prefermenti e lunghe maturazioni, i cui vantaggi, in termini di leggerezza, si vanificano per la importante presenza di olio, ed in termini di morbidezza, risultato già garantito dalla presenza della semola e della patata.
Ad eccezion fatta per la focaccia di Piero,  versione  raffinata e “pianificata”, che prevede un poolish particolare, atto ad esaltare il sapore della farina, e quindi a migliorare il gusto del prodotto finale. 

Vi ho già detto vero, che il dialetto barese è impossibile? Però, sentite quant’è bella questa ode alla focaccia!!

La volene accide
Savonne fissate
che sti cazze de fast-food
ca ve’nnene stu scitte d’hot-dog.
M’arrecordeche ca zi’ Antonie,
sott’u arche jalde,
aqquanne face’ve la fecazze
e la chesce’ve o furne de pe’te de Nardine,
e’ve na fest pe tutte la strade.
U addore te face’ve scemmeni’.
Nu sapore ca non pote meri’!
La fecazze je’ u amore de le barese.
E ave’ve rascione che’dde ca zi’ Coline
disse a zi’ Sabbe’lle,
La vera morte de la fecazze je’
la mortadelle!

(fonte: http://www.lafocacciabarese.it/)

La vogliono uccidere / Si sono fissati / con questi cazzo di fast food / che vendono questo vomito di hot- dog. / Mi ricordo che Zia Antonia / sotto l’arco alto* /  quando faceva la focaccia / e la cuoceva al forno di pietra di Nardino / era una festa per tutte le strade. / L’odore ti faceva scimunire / un sapore che non può morire! / La focaccia è l’amore dei baresi. / E aveva ragione quello che Zio Nicola disse a zia Isabella / La vera morte della focaccia è la mortadella!

(grazie, Piero,  per la traduzione!)

* famosa zona di Bari vecchia

EDIT DELLE 11.25

sembra il festival della Fcazz!! Oltre  Piero, senza che ci mettessimo d’accordo hanno postato la ricetta della focaccia barese   anche
Ornella di Ammodomio, QUI
e Maya di Cumino e Cardamomo, QUI

vale la pena leggerle tutte, davvero!!

fine edit e pertinenze. 

Ora lo so che mi sono dilungata troppo. Lo so. D’altro canto, la sezione cazzeggio l’ho messa in coda apposta, così chiunque capiti qui, per caso o per volontà, troverà in testa al post ciò per cui è arrivato: la ricetta. Poi se ha voglia e tempo, rimane, sennò non è costretto a leggersi le mie minch… ehm… le mie divagazioni prima  della ricetta, ma dopo 🙂 (sì, ok, diciamo che non è costretto a leggere niente, ok????)

DIVAGAmente

Papà arrivava e diceva: bambini, preparatevi, si parte! Il tempo di mettere due pezze in una sacca, ci infilavamo nella 127 e si partiva. Ovviamente mio fratello ed io litigavamo per chi doveva stare dietro, che si dormiva meglio. Perché hai voglia a dire ad un bambino “guarda là quant’è bello, guarda il cielo guarda il mare guarda gli alberi”, i bambini quando viaggiano dormono, o frignano o fanno a mazzate. Noi facevamo a mazzate per chi doveva stare dietro, quello che rimaneva avanti frignava, quello che stava dietro dormiva.
Ovunque andassimo, si passava da Bari. E ovunque  andassimo, quando si passava da Bari,  papà si fermava obbligatoriamente all’Assunta (panificio che si affaccia proprio sulla statale Lecce-Bari),  ci comprava la focaccia barese per il viaggio, focaccia che puntualmente finiva prima ancora che cominciasse il viaggio, ci ungevamo tutti d’olio, ci beccavamo una sgridata, blanda, perché tanto la mamma non c’era (non voleva partecipare quasi mai a questi viaggi improvvisati),  e chissenefrega delle macchie l’olio sui vestiti che poi non vanno più via,  e finalmente si cominciava il viaggio.
Una volta ci portò in montagna, fin sul Trentino.
Io sono figlia del mare. Proprio davvero. Mi scorre acqua salata nelle vene, i miei capelli sono alghe, la mia pelle è di salsedine. Amo il mare incommensurabilmente.
E una volta papà ci portò in montagna. Arrivammo unti di olio. Appena vidi la montagna ricordai quanto amassi il mare. poi mi sentii in colpa.  E mi misi a ragionare.

E’ vero, sono figlia del mare, ma sono
certa che qualche lontano parente fra tutte le montagne del mondo ci
sarà… Aaaahhh la montagna…pensa a quanto è bella la montagna, se
guardi fuori dalla finestra la vedi innalzarsi verso il cielo sembra
voglia raggiungere le nuvole e le stelle, con la punta tutta bianca di
soffice neve…che se ci sprofondi senti un freddo boia
(boia
faus che freddooo!) e poi i piedi non li senti più (si stanno
necrotizzando)…per non parlare delle passeggiate salutari e
ossigenanti…se sopravvivi alle bolle che si formano ai piedi tanto che
devi faticare quando macini chilometri e chilometri di salita e vedi
che la cima è lontanissima…e più macini e più sembra lontana…e
quando finalmente sei su sei così stanco ma così stanco e bestemmi in
turco ché i piedi hanno cominciato a sanguinare e hai bisogno di
respirare a pieni polmoni mentre imprechi sotto voce ché non hai più
fiato… minxxia!
L’aria
è rarefatta il respiro singhiozza non gliela fai più…allora decidi
che è meglio tornare giù tanto la discesa è facile no? ….allora
cominci a scendere…chi è quel pirla che ha detto che la discesa è
facile??? Le bolle diventano piaghe mentre le punte delle dita dei piedi
si gonfiano e mandano scariche elettriche direttamente al
cervello….tutto ciò mentre eviti di guardarti intorno perché vedi
ombre dappertutto senti rumori strani  sulle montagne vivono gli orsi ci
sono i serpenti bambi ti spia e poi riferisce tutto ai lupi….e lotti
contro i conati causati dalle vertigini e…..

 amo il mare.

fine (davvero, giuro)

Tam

Questa è la bellissima barese della mia adorata socia Silvia




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