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The orange marmelade: la mia, in 12 mosse!

Non sono mai stata un’amante delle marmellate, fin da bambina!

Ma da quando ho scoperto quella di arance, ho iniziato una lunga carriera di degustazione di marmellate, confetture e gelatine varie… :)))
Questa però rimane la numero uno!
A lei non so rinunciare e se ne apro un barattolo, difficilmente resisto alla tentazione di svuotarlo in pochi giorni…
Ecco il perché, già dallo scorso anno, ho preso l’abitudine di fare dei barattoli piuttosto piccoli!! :DDD
La ricetta è una di quelle in cui viene sfruttato al massimo lo zucchero già contenuto dalla frutta; una minima parte viene aggiunta solo per garantire la conservazione ed evitare l’ossidazione della frutta.
E’ possibile che, dopo 5-6 mesi (soprattutto se i barattoli non sono conservati al buio) il colore della marmellata tenda a scurire un pochino, ma state tranquilli: il sapore rimarrà intatto ed irresistibile come appena fatta! 😉

Giusto lo scorso anno, frugando nella dispensa, ho scovato un barattolino che era scampato alle mie fauci e vecchio di due anni prima!

Una marmellata di arance d’annata 2012. Una riserva praticamente…!!!!
Ho guardato quel barattolo con gli occhi a raggi laser :))
Le venature, originariamente color arancio vivo, erano diventate di un marroncino atipico…, come se la marmellata avesse stagionato in una botte di barrique!!!
E così mi son detta: apro o non apro??
E mentre lo dicevo la capsula del barattolo aveva già fatto “clack” (segno di un sottovuoto perfetto) ed io avevo a portata di mano un cucchiaino.
Non mi son fatta spaventare dal colore…, una leggera annusata…, ho affondato il cucchiaino nel barattolo e… l’ho portato in bocca!
La croccantezza intatta delle scorzette, l’aroma ed il gusto della polpa erano perfetti: nessuna alterazione di sapore!!! :)))

Tutto ciò per dirvi che qualora decidiate di fare questa marmellata, fatene in quantità in modo da poterne avere anche una riserva per il prossimo anno se, come in questo, anche le piante di arance (come gli ulivi) subiranno un calo di produttività! :-/

Questo, se permettete un consiglio, è il periodo migliore per farla, soprattutto se avete la fortuna come me di avere arance vostre e ancora attaccate alla pianta perché sono naturalmente dolci e mature al punto giusto per poter essere “conservate”!

Bando alle ciance.
Ecco la ricetta. 😉
Siete pronti per ottenere questa???

INGREDIENTI:
– 1 kg di arance, possibilmente non trattate, con la buccia sottile 
– 400 g di zucchero * 
– 1 limone (buccia e polpa)
*Nota importante: la quantità di zucchero su indicata, si intende per un chilo di frutta al netto degli scarti delle bucce e parti non edibili. Nel procedimento mi spiegherò meglio 😉
PROCEDIMENTO:
1. Lavare le arance e sbucciarle con un coltello cercando di arrivare il più possibile vicino alla polpa;

non importa se rimangono filamenti o parti di albedo;
2. Ogni tre arance sbucciate, conservare la buccia di una e tagliarla a striscioline sottili sottili; e procedere così fin quando avrete esaurito tutte le arance che volete trasformare in marmellata;

3. Una volta pelate tutte a vivo, tagliare le arance a fette orizzontali in una ciotola, avendo cura di non disperdere il succo ed eliminare invece tutti gli eventuali semi all’interno della frutta;
4. Sbucciare il limone con un pelapatate e tagliare la buccia anch’essa a striscioline sottili sottili come si vede nella foto qui sotto; poi togliere tutta la parte bianca e recuperare la polpa da unire insieme a quella delle arance;

5. A questo punto controllare che il peso, nel senso che  fra polpa, bucce, e succo (che si è formato durante il taglio delle arance), sia pari ad un chilogrammo o multiplo di esso (io di solito non ne faccio meno di 3 chili alla volta);
6. Raccogliere il tutto in una pentola e accendere la fiamma ad un’intensità medio alta, e lasciar cuocere per 40 minuti da quando inizia il bollore, mescolando di tanto in tanto. Se vedete che il liquido evapora molto velocemente, abbassate un pochino la fiamma.
Considerate che il volume, deve ridursi circa della metà 😉
7. Trascorso questo tempo, aggiungere lo zucchero lentamente e continuando a mescolare, poi far riprendere il bollore e lasciar cuocere ancora 40 minuti, questa volta a fuoco medio;
8. Quando vedete che la marmellata inizia a produrre della leggera schiuma bianca, vuol dire che siamo in dirittura di arrivo; prendete un cucchiaino ed un piatto e fare la prova di densità. Prelevare un po’ di marmellata e farla scivolare sul piattino; contare fino a 20 e poi inclinare il piatto per vedere a che velocità la marmellata scivola giù: se corre molto velocemente, alzare la fiamma e lasciar cuocere ancora 10 minuti (facendo la prova di tanto in tanto con conseguenti assaggi…); se invece scivola lentamente, la marmellata è pronta per essere messa nei vasetti.
9. Spegnere il fuoco e procedere con l’invasettamento, avendo cura di mescolare ad ogni presa, in modo da distribuire in modo uniforme, polpa e scorzette.
10. Prima di chiudere i barattoli, pulite il bordo con un telo imbevuto di alcool a 90° (quello per fare i liquori) in modo che eventuali residui di zucchero vengano completamente rimossi; in questo modo si eviterà che il tappo si incolli al vetro e, al momento dell’apertura, siamo costretti ad usare una sorta di piede di porco per aprire il barattolo :DDDDD
11. Chiudere i barattoli e capovolgerli per non più di 10 minuti. Questa operazione servirà esclusivamente a sterilizzare anche il tappo. Il sottovuoto si formerà durante il raffreddamento.
12. Con una spatola in silicone, recuperare tutta la marmellata rimasta sul fondo della pentola e assaggiate, magari su una fetta biscottata fatta da voi, su una fetta di pane, o semplicemente così!
Sarete felici di averla fatta!! :))))))

Ottima al mattino a colazione, nel pomeriggio con una tazza di the, e alla sera come momento di meditazione prima di andare a dormire… :))))))))

Buona marmellata allora! :))))))

Maria Teresa

RACCOMANDAZIONI:

* Un barattolo sterilizzato è indispensabile per conservare al meglio la marmellata fatta in casa.
È dunque molto importante sterilizzare i barattoli per rimuovere batteri e funghi che potrebbero compromettere la qualità della nostra marmellata e soprattutto determinare muffe.
Per ulteriori approfondimenti potete dare un’occhiata qui!
* In questa ricetta è fondamentale l’uso del limone per due motivi: uno di tipo olfattivo e l’altro di tipo… organolettico, diciamo così!
La buccia infatti conferirà un profumo inebriante che, in abbinamento con quella delle arance, è da svenimento; la polpa, invece agirà come addensante in quanto contiene naturalmente la c.d. pectina, e conferirà alla marmellata una consistenza adatta sia per essere dolcemente spalmata su una fetta di pane, sia per essere utilizzata come ripieno per crostate o fagottini, senza rischiare l’antiestetica fuori uscita ;))

CURIOSITA’

Con il termine marmellata si intende una preparazione semisolida dolce a base di agrumi e zucchero e cotta a lungo.
Nonostante nel gergo comune i termini confettura e marmellata siano sinonimi, dal 1982, per effetto di una direttiva comunitaria, solo prodotti ottenuti da agrumi possono essere venduti nell’Unione Europea con la denominazione di “marmellata”, mentre tutte le altre preparazioni vanno chiamate confettura.
Il nome “marmellata” deriva dalla parola portoghese/gallego marmelo, per mela cotogna (dal greco μελίμηλον “mela di miele” ). Diffusa in quasi ogni paese, ha generato una serie di leggende sulla sua origine, che spesso coinvolgono personaggi reali come Elisabetta d’Inghilterra o Caterina de’ Medici. 
In realtà, già gli antichi greci conservavano le mele cotogne cuocendole lentamente per addensare gli zuccheri contenuti. L’addensamento del composto ottenuto si ha durante il raffreddamento, ad effetto della azione della pectina. 
È da notare comunque che, prima dell’avvento dello zucchero, evento alquanto recente, l’unico dolcificante conosciuto oltre ai succhi di frutta era il miele, materiale costosissimo, usato dai ceti poveri come merce di scambio per avere prodotti essenziali, piuttosto che per il consumo diretto.

Il termine “mela di miele” non deriverebbe perciò dalla aggiunta di miele, ma per il fatto, facile da verificare, che la polpa del frutto che è praticamente immangiabile anche in fase di maturità, pochissimo dolce, dura, e piuttosto acre, subisce con la cottura, prima di qualsiasi aggiunta di eventuali addolcenti, una trasformazione drastica degli zuccheri a lunga catena contenuti (quindi “poco dolci”) in zuccheri decisamente “dolci”, con uno spiccato profumo di miele. 

Una preparazione simile è quella della canditura della frutta o della verdura, considerata un regalo principesco nello stesso periodo. È tuttavia probabile che entrambe le tecniche siano ben più antiche: la cottura e, insieme, la concentrazione degli zuccheri assicurano una lunga conservazione della frutta, altrimenti impossibile in epoche prive di sistemi di refrigerazione.
E allora quali differenze fra: marmellata, confettura, composta e gelatina?? 
Il principio delle tre preparazioni è identico. Il risultato varia, però, notevolmente. 
Nella terminologia attuale con marmellata si intende una crema cotta di zucchero e agrumi a pezzetti (limone, arancia, mandarino, e più raramente di pompelmo, clementina, cedro e bergamotto). 
La confettura indica la stessa preparazione riferita agli altri tipi di frutta. 
La gelatina di frutta viene prodotta con zucchero e succo della frutta, senza polpa o buccia, ed è maggiormente usata in pasticceria per apricottare(*) i dolci prima di glassarli. Compare anche come ingrediente di creme dolci.

La legge prevede che la percentuale di frutta non debba scendere, in ogni caso, sotto il 20%.
Marmellata, confettura o gelatina vengono definite extra se il tenore di frutta è di almeno il 45% e solitamente ne hanno il 35% o 40%. 

La composta di frutta si distingue dalla marmellata per il maggior contenuto di frutta e conseguentemente il minor quantitativo di zucchero aggiunto. La percentuale di frutta deve essere, per legge, superiore al 65%.

(*) apricottare??? E che vuol dire adesso apricottare??? 
“operazione di spalmare la superficie di un dolce di pasta, tipicamente una torta, con una gelatina di frutta, di solito di albicocche”.
L’apricottatura rende più regolare la superficie del dolce stesso e quindi il risultato estetico della glassatura è più uniforme e liscio.

Un esempio famoso di questa tecnica è la torta Sacher glassata al cioccolato, o le torte nuziali a più piani glassate al fondant in uso specialmente in Inghilterra e negli altri paesi anglosassoni. (fonte wikipedia)

SENTITAMENTE:

Ed ora arriva la parte più difficile di questo post…
Un ringraziamento speciale alla mia Amica Tam.
Sarò di brevi (e forse sconclusionate) parole, per evitare che l’emozione prenda di nuovo il sopravvento… :)))
Le foto che vedete in questo post, tranne le prime due, mi sono state Generosamente, Amorevolmente, Preziosamente donate da lei!

A lei avevo chiesto un consiglio su come rimediare ad alcuni scatti fatti da me e mal riusciti e lei, nel pomeriggio di ieri, (avete letto bene, si…!) ha organizzato tutto quel popò di roba e ha scattato per me…, aprendo un barattolo della marmellata che le avevo recapitato qualche tempo fa.
Una tavola imbandita per la colazione con le fette di pane ricoperte…
Un vassoio in giardino con la tazza per il thè…
Una tovaglietta bianco candido e inzaccherata dalle gocce di marmellata…

Non che io avessi bisogno di questo gesto, per capire quanto Speciale sei mia dolce Tam, ma questo è l’ennesimo con cui mi hai dimostrato il tuo Bene e la tua Amicizia ed è l’ennesimo per il quale io ti dico semplicemente GRAZIE!
Parole finite… :))))

Trova il tempo di essere amico.
E’ la strada della felicità.
                             Anjëzë Gonxhe Bojaxhiu
                             (Madre Teresa di Calcutta)

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