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Penne zucchine e limone. Poscia è corsa nel giardino.

Penne rigate integrali trafilate a bronzo con zucchine, ricotta e limone

Faccio spesso la pasta con zucchine e robiola, piatto veloce e gustoso. Spesso servito come piatto unico quando siamo a dieta, spessissimo, direi che ogni lunedì si comincia la dieta a casa mia. Così quando ho visto la penne zucchine e limone di Maddalena, la cosa che ha catturato subito la mia attenzione è stato il limone. Limone e robiola? Da provare! Così la sottoscritta è andata prima di subito dal suo spacciatore di verdure e ha comprato una dose massiccia di zucchine appena colte, fiorite e dolci, poi è corsa al negozio di alimentari vicino casa che ha la roba buona a comprare la robiola. Poscia*, tornata a casa, è corsa nel giardino a cogliere un limone, poi è corsa in cucina ed è svenut… cioè si è messa subito subito davanti ai fornelli e ha cucinato questo piatto semplice, veloce e brioso.
E quando finalmente si è seduta a tavola, ha scoperto non solo che è buonissimo, versatile e leggero, ma anche che non c’è bisogno di correre, ché mentre l’acqua è sul fuoco si prepara tutto e si ha pure il tempo di fare una telefonata veloce veloce! Il limone con la robiola? perfetto! Dà lo zing giusto ed accompagna allegramente la croccantezza delle zucchine che sono la vera rivelazione di questo piatto! Grattugiate e crude, rimangono così croccanti che fanno proprio scroc!

RICETTA

versione originale con penne di semola trafilate a bronzo e robiola

Ingredienti per 4 persone:

400 g di penne rigate  (integrali o non)
200 g di robiola o (ricotta di pecora)
500 g di zucchine freschissime (piccole e col fiore è meglio)
1 limone (le zeste grattugiate e metà succo)
1 spicchio di aglio
basilico (tanto)
menta (poca)
olio extravergine di oliva
sale integrale
pepe al mulinello

– In una padella grande far imbiondire lo spicchio d’aglio in un paio di cucchiai di olio evo, poi spegnere il fuoco. Mi raccomando, che sia biondo e non nero carbone!
– Mettere l’acqua sul fuoco. Così si dice a casa mia. Per essere più precisi, mettere l’acqua prima in una pentola e poi sul fuoco (la pentola!). Per essere pignoli, aggiungere anche un po’ di sale (nell’acqua).
– Lavare e mondare le zucchine, conservarne qualcuna intera per le foto, mi raccomando!
– Ora divertirsi un mondo a grattugiare le zucchine con una grattugia a fori grandi, occhio alle dita e a non far schizzare ovunque striscioline di zucchine!
– Versare le zucchine grattugiate nell’olio ormai tiepido e privato dell’aglio biondo, aggiungere qualche fogliolina di menta (poche, non si esageri eh?), una grattatina di sale al mulinello, mescolare e lasciar insaporire.
– Quando l’acqua bolle calare la pasta.
– Aspettare qualche minuto dopo aver calato la pasta (sì, lo ribadisco, “calato”, che buttato mi sa di spreco!). Poscia* cominciare a preparare la robiola o la ricotta allungandola e ammorbidendola con un paio di cucchiai di acqua di cottura della pasta e aggiungerla alle zucchine.
– Scolare la pasta senza star lì a scuotere lo scolapasta come un martello pneumatico, così rimane un po’ d’acqua piena d’amido che favorisce la mantecatura,  versarla nella padella col condimento e aggiungere il succo di limone.
– Se fa freddo accendere il fuoco e far fare alle penne 4 salti in padella fino a mantecatura, la pasta sarà piacevolmente calda.
Se fa un caldo boia invece far mantecare senza fuoco e senza salti, la pasta sarà piacevolmente tiepida.
– Finiti i salti (eventuali) e a fuoco spento, aggiungere tanto basilico tritato, le zeste del limone grattugiate e una macinata di pepe.
– Servire.

* Poscia: Vedi “DIVAGAmente”

 DI PERTINENZA

Fatto e rifatto più volte, quando ho visto il contest della bellissima
Erica ho pensato di rifarlo ancora più leggero e salutare. Quindi sono
corsa dal solito spacciatore e ho comprato una dose ancora più massiccia di zucchine
piccole e freschissime
, poi sono corsa dalla spacciatrice di ricotta di pecora (che ha un sacco di pecore vere che producono vero latte di pecora con
cui fa ricotta e formaggi da svenimento, difatti qui in paese siamo
tutti più o meno svenuti), poi corsa in giardino a cogliere il limone,
per fortuna le penne integrali trafilate a bronzo le avevo, ché invece
il fiato l’avevo finito!
Erica, questo piatto è per il tuo contest, mica potevo mancare io, ti pare? Prodotto a chilometro zero, niente fritture né grassi strani, ché pure l’olio praticamente non ha fatto strada ed è “vero” e pulito, niente medicine anticrittogamici né fertilizzanti e tantomeno diavolerie varie, solo lu sule e lu iuentu te lu Salentu, è prodotto con le olive del nostro uliveto!
Però aspetta che lo dico come si deve eh?

Con questa ricetta  partecipo al contest Un mondo di benEsseredi La Cuocherellona in collaborazione con Mai soli nel mondo

 DIVAGAmente

* Poscia racconto la prima volta che ho incontrato “poscia”.

Ho sempre amato leggere, quando ero piccola leggevo i libricini che mi comprava mio padre e le pubblicità lungo la strada (?). Sì, così mio padre mi ha insegnato a leggere, era uno dei nostri giochi preferiti, leggere qualunque cosa fosse scritta ovunque, sulla bottiglia dell’acqua, sui cartelloni pubblicitari, sulla sua settimana enigmistica, sulle ruote delle biciclette, sulle insegne dei negozi, o semplicemente scritta nei nostri giochi, vediamo se sei capace di dirmi l’alfabeto partendo dalla z, e dalla m? dai ora dimmi tutte le parole che cominciano con la m! e quante m ci sono su quel cartellone? e rallentava fino a che non gli dicevo quante.
Quando cominciai la prima elementare e la maestra il primo giorno di scuola ci disse “ora disegnate un fiore e poi fate un’asta” rimasi malissimo. Ma come disegnate??? io volevo scrivere tutte le parole del mondo!
A 12 anni lessi “Il deserto dei Tartari”, il mio primo vero libro, e per poco rimasi stecchita! ma questo lo racconto un’altra volta. Era per dire che da ragazzina leggevo Buzzati, Svevo, Pirandello, Moravia e Verga.
Ecco, Verga appunto.
Mastro Don Gesualdo, leggevo. Che nervoso lui e la sua “roba”. Ero tentata di mandarlo a quel paese, ma, nonostante fossi una ragazzina vivace e già mezza scema, ero pure educata. Quindi per mero senso di correttezza continuai a leggere di mastro don Gesualdo e di tutti i suoi compari, Don Diego, Bianca, Ninì Rubiera, Santo, Speranza, Donna Marianna e un’altra caterva di personaggi.
Dopo diversi capitoli e un via vai di gente, e di andate e ritorni alle pagine precedenti per rinfrescarmi la memoria su personaggi e ruoli, comparve lui, Poscia.
Comparve all’improvviso.
     (…)le agghiacciò un momento il sorriso benevolo. Poscia pensò al fuoco che avevano avuto in casa, alla malattia di Bianca(…)
E mo chicazzè sto Poscia???? mah… andiamo avanti vediamo che vuole. Niente. Sparito. Ma dopo qualche capitolo, rieccolo!!!
     (…) E intanto faceva segno di no col capo. Poscia, ficcandosi in mezzo alla gente, a voce più bassa, col viso
acceso: – Ha mandato mastro-don Gesualdo in vece sua!… il futuro socio!(…)

Ma mò che c’entra sto Poscia????? ho capito che s’è ficcato in mezzo alla gente, ma da dove è sbucato???? ma è un parente? uno che vuole la roba? che la vende? è uno spacciatore sto bastardo! E subito sparisce.
Per ricomparire di nuovo!

     (…)Il canonico Lupi, ch’era di casa, gli
diede anche una lavata di capo. Poscia, voltandosi verso mastro-don
Gesualdo, con una faccia tutta sorridente:- Bravo, bravo, don Gesualdo!(…)
Altro che spacciatore! Peggio! è un canonico collega di Lupi! 
Comunque, anche se compare all’improvviso e non si capisce chicazzè, diventa sempre più presente nel romanzo.
      (…)Poscia vedendo che la ragazza piangeva ancora, cheta cheta per
non infastidirlo, le tornò a sedere allato di nuovo, rabbonito.(…)

      (…)Poscia mandò giù la bile, e si mise a canterellare mentre
affibbiava la testiera della mula:(…)

      (…)Poscia gli si piantò in faccia disperato, scuotendogli le mani
giunte dinanzi al viso.(…)
     (…)Che buon vento? che buon vento?… – Poscia vedendo entrare anche
don Gesualdo, dietro il canonico, calò di nuovo gli occhiali sul naso. – Ho tanto da fare!(…)
     (…)Così brontolando andava passo passo dietro
alla sorella, chinandosi a raccattar per terra le fave cadute dal
grembiule di Grazia. Poscia, come
svegliandosi da un sogno, domandò:- Tu perché non vai più dalla zia Rubiera?(…)
     (…)Poscia le
afferrò le mani, agitando il capo, movendo le labbra senza arrivare a profferir parola.(…)
    (…)Guarda, Grazia!… Quanta roba!… Ce ne sono stati spesi dei denari
qui! – Poscia, appena don Gesualdo volse le spalle, aiutò ad insaccare
anche
lui.(…)
     (…)Poscia, vedendo che l’altro stava zitto e non si moveva, allampanato, tacque anch’essa,(…)
 
anch’essa?????? ma allora è una donna!! oggesù! pensavo fosse un uomo!
(…)Prima s’affollarono sulla soglia simili a un branco di pecore; poscia,
dopo Nanni l’Orbo, sfilarono dietro tutti gli altri, col sorriso goffo,
il
berretto in mano, le donne salutando sino a terra come in chiesa,
imbacuccate nelle mantelline.(…)
poscia? come poscia? cos’è, un refuso? è scritto minuscolo, è un refuso. Sono a pagina 272… DEVE ESSERE UN REFUSO… 
 ….
pòscia (avverbio) Dopo, poi, in seguito: Dopo la morte, poscia, Pianto e novel dolore (G. Cavalcanti); del passato error s’è accorta poscia (Poliziano); Ma di ciò poscia parlerem (V. Monti). Seguito da che, funge da cong., con valore temporale (dopo che): Poscia che m’ebbe ragionato questo, Li occhi lucenti lagrimando volse (Dante); o con valore causale (poiché): poscia che voi mi promettete di pregare Idio per me, e io il vi dirò (Boccaccio)
fonte: Treccani
Tamara

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