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Lu fiadon'(e) abruzzese.

Ho la fortuna di vivere in una grande famiglia, in cui le provenienze geografiche si intrecciano da nord a sud! E vivere in una grande famiglia, fra i tanti vantaggi, significa anche scoprire tradizioni culinarie diverse da quelle a cui sono abituata.
Oggi siamo in Abruzzo e vi parlo de “lu fiadon'(e)” (amo i dialetti e mi piace da matti imparare a pronunciare le parole, con la giusta cadenza).
Uno scrigno di sfoglia che racchiude un ripieno di uova e formaggi; risultato? Una bontà pazzesca!
Il fiadone viene portato sulle tavole abruzzesi per la colazione di Pasqua e, in caso di avanzi, messo nel cestino da pic nic per il giorno di pasquetta o per le scampagnate.
Di semplicissima realizzazione, si presta per essere realizzato in breve tempo e sarebbe davvero un peccato non provarlo, almeno una volta! 😉

Per onorare la bellissima terra d’Abruzzo, e rendere la ricetta il più fedele possibile alla tradizione, ho usato la farina di rosciola, un grano tenero antico, coltivato nel territorio aquilano e chietino, che è particolarmente indicata per la panificazione, la preparazione di pasta fresca, dolci e biscotti.
Vi lascio allora questa proposta per arricchire la vostra tavola di Pasqua, il cestino da pic nic oppure per un dono fatto con le nostre mani da regalare a chi ci sta più a cuore!

RICETTA (per circa 50 fiadoni)



Per la pasta:
500 g di farina di rosciola (in alternativa una 0 macinata a pietra)
60 g di olio d’oliva
60 g di vino bianco
2 uova taglia xl
6 grammi di sale


Per il ripieno:
200 g di ricotta di pecora ben scolata
150 g di parmigiano grattugiato
150 g di rigatino grattugiato (oppure del pecorino o altro parmigiano)
4 uova medie
un pizzico di noce moscata
un pizzico di lievito istantaneo per torte salate
un cucchiaino abbondante di pepe macinato al momento

Per la finitura:
un uovo piccolo

(clicca per ingrandire)

Setacciare la farina su un piano di lavoro e formare al centro un cratere in cui versare le uova, l’olio ed il vino; emulsionare i liquidi con una forchetta e far assorbire mano mano parte della farina fino a quando il composto non inizia ad indurire.
Affondare le mani ed impastare fino ad ottenere un impasto malleabile ed allo stesso tempo ben sodo.
Coprire con della pellicola o con una ciotola ribaltata e lasciare che l’impasto riposi per una ventina di minuti. Nel frattempo preparare il ripieno lavorando semplicemente i relativi ingredienti con una forchetta;.
Prendere l’impasto e dividerlo in quattro parti; stenderli con la macchina per fare la pasta ottenendo delle sfoglie piuttosto sottili (terzultimo buco).
Mettere al centro della striscia un cucchiaino colmo di ripieno, inumidire i bordi con un pennello bagnato e tagliare la pasta nello stesso modo in cui si fanno i ravioli.
Pennellare la superficie con un uovo sbattuto e praticare un taglietto con le forbici (che serve per far dare la caratteristica forma e far uscire l’eventuale liquido prodotto dalla ricotta).
Infornare a 180° per 20 min. circa fino a quando non risulteranno ben dorati.
Appena cotti, lasciare raffreddare su una gratella; stavolta non c’è da aspettare, assaggiatene subito uno (ho detto uno!) appena intiepidito e… tornate a raccontarmi!!! 😉

Ah, nel caso avanzassero, (non si conoscono ancora episodi ralmente accaduti nella storia) i fiadoni possono essere congelati e tirati fuori un’oretta prima del consumo. Volendo, metterli in forno a 180° per circa 10 minuti con la funzione ventilata; la sfoglia intorno tornerà croccantina ed il ripieno scioglievole. Sembreranno come appena fatti! :-)))



CURIOSITA’ 

Il fiadone è una specialità della cucina dell’Abruzzo, che le famiglie del posto si scambiano come dono durante la settimana Santa, per poi mangiarlo a Pasqua ed il Lunedì in Albis.
Diffusissimo nell’intera regione, in questo periodo dell’anno fa la sua comparsa nei forni e nelle gastronomie sparsi tra Teramo, Pescara, Chieti, L’Aquila e gli incantevoli borghi abruzzesi.
È una ricetta nobile, citata per la prima volta nel “Libro novo nel qual s’insegna a far d’ogni sorte di vivande” (1557) di Cristofaro da Messisbugo, cuoco alla corte degli Estensi di Ferrara, che arrivò in Abruzzo per necessità e finì per scomparire nella sua città natale.
Nella preparazione indicata dallo scalco, il maggiordomo del Rinascimento, infatti, era richiesto l’uso dello zafferano, una spezia che già all’epoca era radicata nella cultura aquilana.

Nelle località costiere abruzzesi questa pietanza ha la forma di una torta o di grossi ravioli ed è protagonista della colazione salata della domenica di Pasqua, una consuetudine tipica del Centro Italia, o della scampagnata di Pasquetta, insieme alle uova sode, alla lonza, alla soppressata e al salame di Fabriano.
Nei comuni dell’entroterra abruzzese, invece, troviamo il Fiadone dolce, chiamato anche “soffione di ricotta” e servito in chiusura del pranzo pasquale: l’impasto è simile alla versione salata (ma con lo zucchero al posto del vino) e la farcitura, delicatissima, è composta da ricotta fresca, zucchero, buccia di limone grattugiata e uova.
A Gessopalena, in provincia di Chieti, esiste infine una particolare variante fatta con il canestrato di pecora del Gran Sasso, un eccellente formaggio tutelato dal Presidio Slow Food, che in questa ricetta viene impiegato fresco, prima delle fasi di salatura e stagionatura che lo rendono più piccante.
Le varie ricette, insomma, condividono soltanto il nome, che secondo il linguista Alfredo Panzini deriverebbe dal termine tardo latino flado, a sua volta mutuato dal germanico fladen, “cosa gonfia”, alludendo alla forma e alla consistenza del Fiadone.
Prima di essere regalati ad amici e parenti, i fiadoni vengono decorati con foglie di ulivo, simbolo di pace.

Con questa ricetta pasquale vi giungano gli auguri condominiali 
(in versione tripla carpiata e pure con avvitamento) per una serena Pasqua! :-))))))
Emmettì, Silvia e Tam.

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