RICETTA (per circa 200 olive)
200 olive denocciolate giganti in salamoia (possibilmente varietà ascolana tenera)
200 g di macinato di manzo
200 g di macinato di maiale
100 g di macinato di carne bianca (pollo o tacchino)
100 g di parmigiano grattugiato
3 uova
1 pizzico di sale
1 ciuffo di prezzemolo tritato
1/4 di buccia di limone grattugiata
la punta di un cucchiaino di noce moscata
q.b. di pepe macinato al momento
Per la panatura
farina
uova
pane grattugiato
Per la frittura
olio extravergine di oliva
oppure
olio di girasole alto oleico
oppure
olio di arachide
Scolare le olive dalla salamoia e lasciarle in acqua per circa un’oretta affinché perdano un po’ di sapidità.
Sbattere le uova, unire il parmigiano, il sale, le spezie e la carne mescolando bene (anche con le mani) fino ad ottenere un composto omogeneo.
Scolare le olive dall’acqua e rotolarle su un telo pulito (possibilmente privo di odori di detersivo) in modo da asciugarle un pochino; praticare un taglio longitudinale e farcire con la carne, facendo attenzione a che l’oliva sia ben ripiena.
Procedere con la panatura attraverso due fasi: far rotolare l’oliva prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto ed infine nel pane grattugiato; una volta terminate tutte le olive, ripetere il passaggio nell’uovo e nel pane grattugiato.
In questo modo la panatura sarà perfetta e croccantissima, ma soprattutto impedirà all’oliva di aprirsi durante la frittura.
Mentre si fa il secondo passaggio nel pane grattugiato, roteare le olive nel palmo della mano ridonando la forma caratteristica qualora con il ripieno si siano un po’ deformate.
Disporre le olive su un vassoio mano a mano che si formano e lasciarle riposare per una mezz’ora prima di procedere con la frittura o con il congelamento.
In un pentolino dai bordi piuttosto alti, scaldare l’olio scelto per la frittura e, raggiunta la temperatura, far cuocere le olive fino a che non diventino ben dorate.
Scolarle su carta assorbente e resistere alla tentazione di assaggiarle subito: scottano!!!!
Io mi son pelata la lingua due volte! :-DDDD
CURIOSITÀ
L’oliva ascolana nasce nella provincia di Ascoli Piceno nel lontano 1800, molto probabilmente dall’arte di un abile e sconosciuto cuoco che prestava servizio in una nobile famiglia del territorio.
Da allora rappresenta un capo saldo della cucina picena, un piatto immancabile nelle tavole bandite a festa, oggi stimato in tutto il mondo.
Per preparare le ottime olive ascolane servono olive tenere e carnose e di grandi dimensioni (la Liva Concia), che vengono farcite con un impasto di carni fresche, poi panate e fritte.
Queste delizie si possono trovare ad Ascoli in ogni angolo della città: dai negozi ai chioschetti (da friggere e già fritte) da gustare, calde, mentre si passeggia.
Le olive si consumano come aperitivo, antipasto, contorno, merenda e possibilmente calde perché sprigionano il massimo della loro bontà.
Insomma, ogni momento della giornata è buono per gustare una bella oliva ascolana!
MA COS’È LO STREET FOOD?
Letteralmente, cibo da strada.
Il cibo da strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici, come mercatini o fiere, anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, o su furgoni e carretti ambulanti.
Nei centri storici di alcune città italiane si è diffusa una tipologia di piccoli locali specializzati nella preparazione e vendita di cibi da mangiare in strada.
Il consumo di questo tipo di cibo consente, in genere, di mangiare in maniera più informale, più rapida, e meno costosa rispetto al consumo di cibo in un ristorante o in altro luogo deputato allo scopo; per tale motivo, questa forma di alimentazione viene spesso preferita rispetto a modalità più formali di consumo, tanto da farle occupare un posto importante nell’alimentazione umana.
Stime della FAO indicano in ben 2,5 miliardi di persone al giorno il numero di coloro i quali si alimentano in questo modo.
Il cibo da strada fa parte del più ampio fenomeno del cibo informale (informal food sector), un settore che, nei paesi in via di sviluppo, rappresenta una delle strategie adottate per provvedere ai propri bisogni alimentari.
Il cibo di strada è strettamente legato al fenomeno del cibo da asporto (take away/take-out), e ad altri fenomeni di consumo informale di cibo, come gli snack, gli spuntini, il fast food, il pranzo al sacco.
L’ampiezza del fenomeno alimentare, messa in risalto dalle statistiche FAO, si collega ad altri aspetti antropologici, come il rilevante ruolo occupato nell’economia umana, ma anche la messa in gioco di importanti valori culturali, identitari ed etnici.
Spesso, infatti, i prodotti da consumare per strada sono specialità locali o regionali, come nel caso del pani ca meusa palermitano, il ‘o pere e ‘o musso della cucina campana e napoletana, o il kalakukko della regione dei laghi finlandese.
In altri casi, invece, i prodotti non hanno un particolare legame culturale con il territorio in cui vengono offerti, o, pur avendone posseduto uno in passato, non lo conservano più, perché andato oramai perduto a seguito della loro diffusione al di fuori delle zone di origine (come è il caso della pizza e del kebab).
Vi avevo detto di mettevi comodi no?? :-))
Dai, che scherzo! Sono arrivata ai saluti.
Oggi vi lascio con una filastrocca in dialetto marchigiano; una delle tante che papà mi ha insegnato quando ero piccola. Non ricordo esattamente il significato di alcune frasi mentre ricordo benissimo che mi faceva tanto ridere quando mi parlava in dialetto!! ♥
Oggi voglio sorridere ancora!
Cerna cerna la coma’
che dima’ facimo lo pa’
e lo pa’ co’ le pizzole
vuttale vuttale jo de fori,
jo de fori ce stadìa Michè
che facìa lu caffè
lu caffè co’ lo mistrà
vuttalo vuttalo jo à Marà.
E Marà nun ci statìa
era gghitu in signoria
do’ ce statìa tre vecchiarelle
che facìa le frittelle
ja tirato mezzu mato’.
Lu mato’ cascò nel fossu,
dentro lu fosso ce statìa lu lupo
e lu lupo era vecchio
e non se sapìa ‘rfà lu lettu.
Buona settimana!
Maria Teresa
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